Parità di genere – Calderoli: il maschio è più infedele.
Legislatura 18ª – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 249 del 06/08/2020 – intervento senatore Calderoli – Lega Salvini Premier. Presidenza del presidente ALBERTI CASELLATI.
(Puoi visualizzare qui l’intero resoconto stenografico)
Discussione e approvazione del disegno di legge:
(1905) Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86, recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario (Approvato dalla Camera dei deputati) (Votazione finale qualificata ai sensi dell’articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale) (ore 10,05)
PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Calderoli per illustrare una questione pregiudiziale. Ne ha facoltà.
CALDEROLI (L-SP-PSd’Az). Signor Presidente, ai sensi dell’articolo 93 del Regolamento, intendo presentare una questione pregiudiziale, ovvero che l’argomento non debba essere discusso.
La materia apparentemente non sembra un granché: è tra quelli che possono essere definiti “decretini”, che non è una parolaccia, ma si riferisce alla dimensione del decreto. Così probabilmente non è per il Governo che, invece, ha usato toni esaltanti nei confronti del provvedimento. Il presidente Conte, infatti, ha proclamato che con questo imperativo morale, politico e giuridico è stata scritta una pagina della storia italiana dei diritti politici. Il ministro Boccia – che saluto – ha dichiarato, invece, che la doppia preferenza appartiene alla categoria dei diritti universali. Il ministro Provenzano, invece, ha stabilito che si è trattato di un passo avanti nella lotta alle disuguaglianze.
Nei corridoi il decreto non è stato considerato in questa maniera; lo considerano un “decretino”. Lo chiamano in maniera impropria – e, mi sembra, anche abbastanza volgare – il decreto delle donne. È stato esaminato e discusso dalla Camera dei deputati nel giro di un paio d’ore. Io, invece, ritengo che tutte le volte che un decreto-legge interviene in materia elettorale sia un fatto molto grave. Dal punto di vista normativo e costituzionale, per i tempi, il buonsenso e gli effetti che produce credo si possa parlare di un vero e proprio obbrobrio.
Un obbrobrio per i suoi contenuti. Infatti, che il Governo vari un decreto-legge e sbagli non un riferimento normativo, ma il testo, è un qualcosa che solitamente non dovrebbe accadere.
Nell’articolo 1 si parla del mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché della legge 15 febbraio 2016, n. 20. Ebbene, peccato che nella legge a cui si fa riferimento non si parla di elezione dei membri della Giunta, che fra l’altro non vengono eletti da nessuno. Ci si è dimenticati la parola «incompatibilità»; ma in un testo di legge che riprende una normativa sarebbe molto discusso e discutibile il fatto che si usi un riferimento sbagliato nei contenuti. Vi è di più. Ciascuna delle Camere ha un proprio Regolamento che, nella gerarchia delle fonti, può essere considerato quasi paracostituzionale. A livello dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio, sul funzionamento del Governo l’equivalente è la legge n. 400 del 1988, che specificamente dice che non si può usare la decretazione d’urgenza nelle materie indicate al quarto comma dell’articolo 72 della Costituzione, per cui nella materia elettorale è sempre adottata la normale procedura di esame e di approvazione diretta da parte della Camera. Questo esclude che si possano adottare decreti-legge in materia elettorale.
È vero che in passato c’è stato qualche pericoloso precedente, ma solitamente lo si faceva quando c’era l’accordo di tutte le forze politiche, e qui nessuno è stato consultato, oppure si è intervenuti sul procedimento elettorale, non sul sistema o sulla legge elettorale. E se qualcuno interviene sulla composizione delle liste – e, di più, quando si esprime la preferenza – vuol dire che si incide su quella parte che trasforma il voto in eletto; quindi è completamente al di fuori di un discorso costituzionale.
Prima ho parlato di riferimenti temporali. La base di questo provvedimento è l’articolo 120 della Costituzione, ovvero laddove vengano messi a rischio l’unità giuridica del Paese oppure addirittura i livelli essenziali, i cosiddetti LEA – che la doppia preferenza possa rientrare nei LEA mi appare discutibile! – si interviene con il potere sostitutivo.
La riforma che contiene l’articolo 120 è datata 2001, cioè diciannove anni fa. Quella che ha modificato l’articolo 51 è del 2003. La legge citata erroneamente, che contiene i princìpi fondamentali a cui si deve far riferimento nelle elezioni regionali, è del 2004, con l’aggiornamento del 2016 rispetto alla promozione della parità di accesso alle cariche elettive. Sono passati diciannove, diciassette, sedici o, nella migliore delle ipotesi, quattro anni; eppure il Governo Conte si sveglia il 23 luglio 2020 scoprendo l’urgenza nel bel mezzo degli esiti della pandemia, con i problemi che abbiamo davanti (sciopero generale per il mancato blocco dei licenziamenti, ripresa dell’attività scolastica, aziende che non si sa se riapriranno o come i bambini andranno a scuola e i lavoratori a lavorare).
Il 23 Conte manda una lettera di diffida a Emiliano in cui gli intima entro un congruo tempo (cinque giorni) di adeguare la normativa elettorale; mancando questa, il 31 luglio si vara un decreto-legge.
Questo decreto-legge secondo me non solo non si poteva fare, ma è un pericolo rispetto alla regolarità delle elezioni, perché se si interviene sulla modalità di espressione del voto per tutte le altre Regioni, anche a livello di quote di lista, se sto raccogliendo le firme e ho centottanta giorni di tempo per poterle raccogliere, devo andare a modificare una lista per cui stavo raccogliendo già le firme? Quindi, se qualcuno non presenta la lista perché non ha raccolto le firme, può chiedere l’invalidazione delle elezioni perché non è stato messo nelle condizioni di avere i centottanta giorni di tempo per raccogliere le firme? A me sembra un pericolo eccessivo da correre. (Applausi).
Rispetto alle incongruenze voglio ricordare alcuni fatti. A maggio 2019 c’era il governo Conte? Sì. Hanno votato in Regione Piemonte? Sì. La Regione Piemonte ha mai fatto una legge elettorale con la doppia preferenza? Mai; usa la legge statale. Pertanto, laddove è lo Stato che non mette la doppia preferenza nessuno dice niente; se invece accade a livello di una Regione, si ricorre al potere sostitutivo. C’è di più: ora siamo nel mese di agosto del 2020, mentre le elezioni in Puglia avrebbero dovuto svolgersi nel maggio del 2020 e sono state spostate solo in conseguenza del Covid. Perché ad aprile nessuno è intervenuto se era così basilare? A me sembra che sia un bello spotpropagandistico, poi cui prodest non so: se è fatto per riuscire a portare anche il MoVimento 5 Stelle a sostegno di Emiliano, per far ritirare la candidatura di Scalfarotto o per dare un bel calcio negli stinchi all’autonomia delle Regioni. Ministro Boccia, non si può dire di voler sostenere l’autonomia differenziata e poi con un decreto-leggere togliere quel poco di autonomia che c’era in capo alle Regioni. (Applausi).
Qualcuno dice che questo è fatto per favorire la parità di accesso. Ve lo dice un umile e modesto conoscitore della materia elettorale: chi la conosce sa che in collegi che hanno a disposizione un numero di candidature che va da due a sette, quindi piuttosto piccolo, la doppia preferenza di genere danneggia il sesso femminile, perché normalmente il maschio è maggiormente infedele della femmina, per cui accanto a una candidatura maschile…
PRESIDENTE. Concluda, Presidente. Mi sembra si stia avventurando…
CALDEROLI (L-SP-PSd’Az). Concludo.
Il maschio solitamente si accoppia con quattro o cinque rappresentanti del gentil sesso, cosa che la donna solitamente non fa. Il risultato è che il maschio si porta i voti di quattro o cinque signore e le signore non vengono elette.
Signor Presidente, concludo con un appello e poi mi taccio. Se si aumenta la platea dell’elettorato passivo, frammentando l’espressione delle preferenze, si riduce la possibilità che la donna venga eletta. Le donne si mettano in lista, come abbiamo fatto noi in Umbria eleggendo una donna, così come abbiamo eletto un presidente della Camera e un presidente del Senato donna e in Toscana candidiamo – vivaddio – una donna. (Applausi).