Il mortale flagello dei libri

Negli Atti degli Apostoli si narra un episodio nel quale i libri vengono bruciati: “Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano riconoscendo e manifestando pubblicamente le loro pratiche malvagie. Non pochi di loro che avevano esercitato le arti magiche ammucchiavano libri e li bruciavano in presenza di tutti. L’ammontare del loro prezzo fu calcolato cinquantamila pezzi d’argento. Così la parola del Signore cresceva e si affermava potentemente” (At. 19, 18-20). Lo stesso accadde con i testi di Ario (256-336) – teologo cristiano la cui dottrina affermava l’unicità di Dio, eterno, unico e indivisibile, negando la natura pienamente divina di Cristo (subordinazionismo) – che vennero bruciati e il suo autore condannato all’esilio. Non mancano migliaia di episodi nei quali la Chiesa, per cancellare ogni dissenso alla propria dottrina, ha usato torture di ogni genere sugli oppositori e il fuoco quale atto finale sugli eretici, sui loro libri o su entrambi.

Facendo un balzo in avanti nei secoli, fino al 1515, con la bolla Inter Sollicitudines di papa Leone X la Chiesa diede il via alla censura preventiva sulla stampa. Il documento, dopo aver elogiato l’invenzione della carta stampata quale dono di Dio volto al diffondersi della cultura, evidenziava i mali che ne potevano derivare per il cristianesimo e per la Chiesa, disponendo che nessuno potesse stampare alcunché senza l’autorizzazione del vescovo locale. Nacque il c.d. imprimatur, perché, evidentemente, anche se la stampa è un dono di Dio per diffondere la cultura – così nella bolla papale – lo stesso Dio non aveva ben valutato i problemi che questa avrebbe potuto creare alla Verità diffusa da suo figlio sulla terra. Ecco perché i Suoi legittimi rappresentanti, di paramenti sacri vestiti, ai quali Gesù ha affidato la diffusione della Parola nel globo terracqueo di meloniana memoria, dovevano impedire con la censura i turbamenti nell’animo dei fedeli. Cosa non si fa per proteggere chi ha fede.

Così accadde che nel 1559 venne redatto il primo elenco dei testi proibiti, aggiornato periodicamente e soppresso solo 1966 dalla Congregazione per la dottrina della fede, ossia il vecchio Sant’Uffizio – meglio conosciuto come Inquisizione Romana – nato sotto l’impulso di papa Paolo III Farnese (1534-1549) con la bolla Licet ab initio (21 luglio 1542). Lo scopo di questo speciale organo giudiziario era quello di vigilare sulla fede e impedire la diffusione dell’eresia «affinché dappertutto la fede cattolica fiorisca e si sviluppi, e ogni eretica perversità sia cacciata via dai fedeli cristiani, e coloro i quali sono stati sedotti con diabolico inganno conoscano la via della verità e siano ricondotti all’unità della Chiesa». Chi aveva l’ardire di leggere o possedere uno dei libri inclusi nell’indice veniva scomunicato, ma poteva andare peggio, a molti capitava di bruciare con i propri libri.

Le beatitudini evangeliche, facenti parte del c.d. “discorso della montagna” di Gesù presente in Matteo 5:1-12, indicano il percorso di vita del cristiano, un modello da seguire per avvicinarsi a Cristo, essere veramente felici e accedere al Regno dei Dio (Sia chiaro, non lo dico io, lo afferma la Chiesa cattolica). Alle 8 beatitudini del Vangelo di Matteo la Chiesa cattolica ne aggiunse un’altra, che possiamo riassumere nell’inciso “Beata ignoranza”, anch’essa, evidentemente, necessaria per entrare nel Regno dei Cieli. Non si spiega, altrimenti, l’inaudita censura di migliaia di testi per assicurarsi che la Parola fosse l’unica strada percorribile per capire il mondo e, ovviamente, per garantire potere, prestigio e ricchezza agli unici rappresentanti dell’Uno, dell’Assoluto e del suo Libro ispirato.

Se è vero che il Vento divino soffia sulla Chiesa sin dalla sua nascita, e se è vero, come afferma la Chiesa cattolica nel suo catechismo, che «La vita morale dei cristiani è sorretta dai doni dello Spirito Santo» (CCC 1830) che sono disposizioni permanenti che lo rendono docile a seguire le sue mozioni, allora nel corso dei secoli si è verificato un blackout. Non uno scollegamento di qualche settimana o di mesi, ma di interi secoli, nei quali il Vento divino, se soffiava, agitava altre fronde.

Cosa c’è di divino in un’organizzazione che ha preteso, per secoli, di tenere l’uomo sotto il giogo dell’ignoranza? Può lo Spirito Santo aver ispirato la Chiesa affinché ponesse un limite alla diffusione delle idee, della conoscenza, della cultura e alla stessa libertà umana? O forse quello Spirito ha illuminato la società civile e i laici, dandogli il coraggio della ragione per farli uscire dall’oscurantismo cattolico?

Pietro Fadda, deputato nato i primi del 1900 in Sardegna, in un piccolo paese del Meilogu, non smetteva mai di dire ai suoi concittadini di mandare i propri figli a scuola:”Dategli un pezzo di pane in meno, ma fateli studiare”. Questo è, aggiungo io, l’unico modo per sottrarsi ai soprusi di ogni genere, e, rimanendo in tema, alle gerarchie ecclesiastiche e al loro mondo immaginario.

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