Breve storia dell’onestà intellettuale

Il mio rapporto con la religione, in particolare con quella cattolica, è sempre stato travagliato. Mi sono smarrito decine di volte e dubbi di vario genere non mi hanno mai abbandonato, neanche nei periodi nei quali la fede mi ha aiutato a superare momenti difficili. Non nego che l’aspettativa che le cose cambiassero è stata, per un lungo periodo, una sorta di medicina, divenuta amara nell’attesa fallace che Dio volgesse lo sguardo verso di me. E’ stato bello finché è durato, ma la fede è un castello di sabbia. Quale Padre permetterebbe che un figlio soffra in tal modo? Forse un umano, quello si, in alcuni casi un padre o una madre non provano amore neanche per i propri figli. Ma un Dio misericordioso, buono e compassionevole, no, non è possibile, giustificabile e credibile. Ricordo perfettamente il mio ultimo viaggio a Lourdes, io che cercavo aiuto sono andato ad aiutare chi aveva più bisogno di me (l’avrei fatto a prescindere dal contesto religioso). Migliaia di persone disperate che si spostavano dall’albergo al santuario, dalla grotta alle piscine, tutte in cerca di pace. Decine di volte mi sono chiesto:” Dio dov’è?”, mentre il vescovo emerito che ci accompagnava, levate le mani al cielo come uno stregone indiano, invocava dubbioso l’intervento divino su tutti noi. Ricordo anche le strade di Lourdes, i negozi pieni di rosari, candele, immagini pseudo sacre, anelli, bracciali e pellegrini provenienti da tutto il mondo. Fiumi di danaro scorrevano ogni giorno tra Sante Messe, processioni e benedizioni. Ma non è di Lourdes che intendo parlare, né di qualsiasi altro santuario nel mondo. Certo, quell’esperienza ha alimentato a dismisura i miei dubbi e ha lasciato irrisolte mille domande. La ragione può giustificare la sofferenza umana quale conseguenza del peccato originale? Ammesso che si possa parlare di peccato originale, perché i figli devono pagare le colpe dei padri? Dio esiste? Se Dio è inaccessibile e inconoscibile chi può parlare a suo nome? Quali sono le prove dell’esistenza di Dio? Cos’è la fede? E’ credere all’esistenza di un essere superiore senza avere alcuna prova? Chi dice che la corretta visione del mondo appartiene al cristianesimo e non all’islam, all’induismo, all’ebraismo, al buddismo, al confucianesimo e alle altre religioni? Ci sono altre domande che riguardano il sesso, la contraccezione, l’omosessualità, l’aborto, la pedofilia in seno alla Chiesa cattolica, la ricchezza smisurata del clero, e si potrebbe continuare. Quelle che precedono sono solo alcune di quelle che dovrebbe porsi un cattolico. Perché? Tra i vari motivi ne cito tre: il primo è l’amore delle verità della ragione, il secondo è l’amore per il pensiero indipendente, il terzo è l’onestà intellettuale. Rientrato a casa ho deciso di approfondire seriamente le mie mille incertezze. Ho iniziato leggendo la Bibbia, 30 minuti al giorno, nel mentre ho cercato spiegazioni dentro il mondo cattolico. Molto ingenuamente ho pensato che, frequentando la facoltà di Scienze Religiose, avrei fatto luce sui miei dubbi. Dopo un anno ho lasciato gli studi, lì ho imparato che il pescivendolo non ti dirà mai che le sue triglie non sono fresche. Mi sono rivolto, allora, a storici e cultori della materia al grido, sempre presente nella mia mente, che la verità ci rende liberi (ne cito alcuni, tra i tanti: Bruno Ballarini, Russel Bertrand, Martin Werner, Mauro Pesce, Karlheinz Deschner, Richard Bauckham, Paolo Flores d’Arcais, Corrado Augias, Bart Eherman, Joseph Ratzinger, Emanuele Severino, Franco Tommasi, Antonio Socci, Renato Pierri e Donath Hercsik). Mai scelta fu più saggia, ho divorato libri su libri e ho scoperto un mondo sconosciuto che mi ha coinvolto completamente. Dio esiste? Chi può rispondere con certezza a questa domanda? Qualcuno ha un’idea, almeno vaga, di come Dio possa essere rappresentato? Se non sappiamo alcunché di Dio, come possiamo sostenere che è infinitamente buono, onnipotente, onnisciente, uno e Trino? Perché credere in qualcosa di cui non posso provare l’esistenza? Fede e ragione possono convivere? 

La spiritualità, forse, non ha niente di negativo se ci aiuta a vivere meglio, a superare le difficoltà della vita, ad attenuare la paura del mistero, del futuro e della morte. Se è vero che la fede può darci “certezze che quello che si spera si realizzerà”, ciò non è deprecabile se serve a colmare i limiti umani, l’inconoscibile inteso come ancora non svelato dalla ragione. Immaginare ciò che non si conosce, dargli un’identità e un nome per dare un senso all’ignoto è parte della storia dell’uomo. Il mito ha guidato per millenni l’esistenza umana, ma se nessuno avesse avuto il coraggio di guardare oltre l’Olimpo, alla ricerca di un sapere che fosse incontrovertibile e spiegasse diversamente l’origine della totalità delle cose, del Tutto, quello sforzo per capire la realtà non ci avrebbe reso liberi. Da cosa? Da un mondo immaginario. Il problema, infatti, nasce quando il “non svelato” si sovrappone alla ragione attraverso la fede. È così che la fede, nata per colmare il celato, vorrebbe impedire la ricerca della verità sostenendo la veridicità del mistero. In tal modo la spiritualità diventa un potente mezzo di controllo delle coscienze attuato appropriandosi di Dio. Difatti, l’uomo che crede in Dio e segue le sue leggi vivrà per sempre in una realtà paradisiaca, gli altri, gli atei e i pagani, sono destinati alla sofferenza eterna. Per aspirare alla vita eterna non si possono e non si devono contraddire i procuratori speciali di Dio in terra:”Quindi si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione, e che vengono proposte dalla Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale, come divinamente ispirate, e pertanto da credersi” (Cost. dogm., Dei Filius, Pio IX, 24 aprile 1870, cap. III). Ed ancora, Se qualcuno non dichiara che il mondo e tutte le cose che in esso sono contenute, sia spirituali, sia materiali, secondo tutta la loro sostanza, sono stati da Dio prodotti dal nulla; o dirà che Dio non per volontà libera da ogni necessità, ma tanto necessariamente creò, quanto necessariamente ama se stesso; o negherà che il mondo sia stato creato a gloria di Dio: sia anatema (Cost. dogm., Dei Filius, Pio IX, 24 aprile 1870, can. III, n. 6)

L’intelligenza, la ragione e la scienza, nonostante – per citarne una – la Dei Filius,  hanno messo in crisi le religioni e la loro fantasiosa visione del mondo. Chi vuole uscire dal gregge deve fermarsi un attimo e accendere il lume della ragione, avere voglia di approfondire, di capire non accontentandosi di parole prive di significato. I cambiamenti non sempre sono indolore, senza paura o smarrimento, ma camminare con le proprie gambe non ha prezzo. Chi intraprende questo percorso ha deciso di capire il mondo guardandolo con i propri occhi, senza intermediari vestiti con casula e stola, senza ricatti e sensi di colpa, senza obblighi ed estremismi. E’ un atto d’amore verso se stessi, una scelta che ci rende intellettualmente onesti, corretti e leali, anche quando la verità contrasta con la dittatura delle opinioni religiose. Coloro che si legano pedissequamente a un dato concetto di realtà rinunciando a indagare i suoi fondamenti sono, a mio avviso, disonesti intellettualmente con se stessi e con la comunità in cui vivono. La libertà di religione è tale quando è consapevole, altrimenti non è libertà, è indottrinamento, controllo delle coscienze, bramosia di potere e ricchezza. 

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